Jugoslavia e la Seconda guerra mondiale

(1918–1990)

L'unificazione nel Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (dal 1929 Regno di Jugoslavia) è stata implementata in contrasto con il concetto federalista rappresentato dalle élite politiche croate, e non è stata approvata nemmeno dal Parlamento croato. L'unificazione venne attuata con la repressione politica e militare – le proteste del 5 dicembre 1918 a Zagabria furono represse nel sangue (le cosiddette vittime di dicembre).

La questione croata, un sintagma che denota la lotta del popolo croato, specialmente nel periodo tra le due guerre (1918–1941), per il riconoscimento delle specificità nazionali.

In seguito alla costituzione imposta (1921), votata a maggioranza non qualificata, poi alla dittatura del re (1929) e la cosiddetta costituzione ottriata (1931), il Regno di Jugoslavia si trovava in una crisi politica costante. A causa delle questioni nazionali, economiche e sociali irrisolte, nel paese regnavano la delusione e la tensione. La crisi raggiunse il suo apice con l'assassinio dei rappresentanti croati all'Assemblea nazionale nel 1928, quando fu ucciso anche il leader dell'opposizione croata Stjepan Radić, il che ebbe ulteriore impatto sulla relazione tra i croati e i serbi.

Stjepan Radić (1871–1928), politico, fondatore del Partito dei contadini popolari croati (poi chiamato Partito dei contadini croati) e leader politico dei croati dopo la Prima guerra mondiale. Opponendosi al centralismo e all'egemonia della Grande Serbia, richiedeva un'organizzazione federativa della Jugoslavia. Morì nel 1928 a seguito di un attentato all'Assemblea nazionale di Belgrado.
Banovina di Croazia 1939
Milan Šufflay (1879–1931), storico. Fu ucciso per le sue critiche al regime jugoslavo. Il famoso fisico Albert Einstein e lo scrittore Heinrich Mann lanciarono pertanto una protesta pubblica, invitando il pubblico mondiale a proteggere il popolo croato dal regime jugoslavo.

Dopo l'assassinio del re Alessandro I a Marsiglia nel 1934, il principe Paolo prese il potere. Fu grazie alla sua iniziativa che nel 1939 si concluse l'accordo tra il presidente del governo jugoslavo Dragiša Cvetković e il leader politico del popolo croato Vladko Maček. Con tale accordo venne stabilita la Banovina di Croazia come un'unità con notevole autonomia all'interno del Regno, ma ciò durò solo fino ad aprile del 1941.

Seconda guerra mondiale (1941–45)

Dopo il crollo militare del Regno di Jugoslavia sotto l'assalto delle Potenze dell'Asse nell'aprile 1941, la Croazia, insieme alla Bosnia ed Erzegovina, entra a far parte del neonato Stato Indipendente di Croazia (NDH), che fu proclamato, sotto la protezione tedesca e italiana, da un gruppo nazionalista guidato da Ante Pavelić (Ustascia). Precedentemente, Maček aveva respinto la possibilità di dichiarare l'indipendenza della Croazia sotto la protezione tedesca. Le altre parti della Jugoslavia furono annesse alle potenze dell'Asse o vi furono istituiti regimi di Quisling.

Josip Broz Tito (1892–1980), politico e statista jugoslavo, croato di nazionalità. Come Segretario Generale del Partito Comunista, durante la Seconda guerra mondiale fu l'iniziatore e l'organizzatore della lotta antifascista nel territorio della Jugoslavia e il comandante militare supremo. Dopo la guerra, ha presieduto la Jugoslavia federale, ha istituito un sistema dittatoriale, ha eliminato gli oppositori ed è rimasto il capo indiscusso di stato e del partito fino alla sua morte.
La rivolta di Villefranche-de-Rouergue, la rivolta nella città francese di Villefranche-de-Rouergue avviata nel settembre 1943 da membri croati e bosniaci (per lo più musulmani) della 13a divisione armata tedesca delle SS, mobilitati con forza, che avevano l'intenzione di unirsi al movimento di resistenza francese. Sebbene i nazisti reprimessero brutalmente la ribellione, Radio Londra dichiarò Villefranche-de-Rouergue la prima città dell'Europa occidentale liberata dagli occupanti nazisti. In ricordo della rivolta in quella città si trova un parco commemorativo e una strada chiamata il Viale dei croati.
Jasenovac. Durante la Seconda guerra mondiale, gli Ustascia aprirono campi di concentramento e di lavoro sul territorio dell'NDH. Il maggiore tra questi fu Jasenovac, dove morirono circa 80.000 prigionieri, per lo più serbi, seguiti da rom, ebrei e croati antifascisti. Nel 1966 fu eretto un monumento in memoria di tutte le vittime e fu allestita un'area commemorativa.

Oltre agli ustascia, che, seguendo gli ordini tedeschi, introdussero le leggi razziali e iniziarono a perseguitare serbi, rom, ebrei e dissidenti politici, anche i cetnici, composti da unità paramilitari serbe e membri dell'esercito reale sconfitto, collaboravano con l'occupante. I cetnici operavano anche in alcune parti della Croazia, e il loro obiettivo era quello di stabilire una grande Serbia sulle rovine della Jugoslavia, uno stato che avrebbe incluso insieme alla Serbia, anche l'intera Bosnia ed Erzegovina e metà della Croazia.

Il distaccamento partigiano di Sisak, il primo distaccamento dell'Esercito popolare di liberazione della Croazia e una delle prime unità antifasciste organizzate nell'Europa occupata, è stato fondato il 22. VI. 1941 vicino a Sisak. I membri del distaccamento erano di nazionalità croata, il che favorì la diffusione del movimento partigiano tra la popolazione serba. Uno dei membri del distaccamento era anche Janko Bobetko, poi generale croato e capo del Quartier generale dell'esercito croato nella guerra per l'indipendenza (1991–95). La data di fondazione di tale distaccamento si celebra anche oggi in Croazia come Giornata della lotta antifascista e del ricordo al contributo alla vittoria degli Alleati e alla libertà europea.

Sebbene l'NDH si presentasse come il raggiungimento dell'obiettivo secolare del popolo croato, ossia quello di avere uno stato indipendente, ben presto un gran numero dei suoi cittadini, delusi dall'occupazione italo-tedesca, dalla cessione di una parte della Dalmazia agli italiani, dal terrore ustascia e dai crimini cetnici contro i croati, musulmani bosniaci e partigiani, si unì al movimento di resistenza e alla lotta antifascista sotto la guida del Partito Comunista di Jugoslavia e di Josip Broz Tito. Già il 22 giugno 1941, nei pressi di Sisak, si formò la prima squadra partigiana croata, poi seguì la creazione di unità partigiane anche in altre parti del paese. I partigiani croati formarono il proprio quartier generale della Croazia sotto la guida politica di Andrija Hebrang.

Dopo il fallimento dell'insurrezione partigiana in Serbia nel 1941, il fulcro della resistenza si spostò in Bosnia ed Erzegovina e in Croazia. Le principali operazioni partigiane vengono condotte in queste aree, coinvolgendo soprattutto combattenti provenienti dal territorio della Croazia. Così, per esempio, durante le offensive italo-tedesche sui fiumi Neretva e Sutjeska in Bosnia ed Erzegovina nel 1943, più della metà dei combattenti partigiani proveniva dalla Croazia (tra i 7.300 uccisi a Sutjeska, 4.246 provenivano dalla Croazia). Dal 1943 il movimento di resistenza partigiano fu sostenuto anche dalle principali potenze alleate, che istituirono missioni militari presso il Quartier Generale Supremo dell'Esercito Popolare di Liberazione guidato da Tito. Oltre a ostacolare e infine sconfiggere le numerose forze armate tedesche, i partigiani croati e jugoslavi contribuirono alla lotta antifascista anche con il costante sabotaggio delle ferrovie che le Potenze dell'Asse usavano per trasportare il petrolio rumeno. Un totale di 1.800 treni fu sabotato, motivo per cui Hitler già nel 1942 assoldò migliaia di soldati per mantenere la sicurezza delle ferrovie, ma senza grande successo.

Già alla fine del 1942 c'erano circa 25.000 membri del movimento partigiano in Croazia, nell'autunno del 1943 erano 100.000 e alla fine del 1944 più di 150.000. Tra le 26 divisioni partigiane sotto il comando del Quartier generale supremo nel 1943, 11 erano croate, 7 bosniache, 5 slovene, 2 serbe e 1 montenegrina. La Croazia è tra i pochi paesi europei che si sono liberati nella Seconda guerra mondiale senza l'assistenza militare delle forze di terra alleate. Anche il preambolo dell'odierna Costituzione croata si riferisce al fatto che la moderna Repubblica di Croazia basa la sua sovranità sulla Croazia che si è formata grazie alla resistenza alle potenze dell'Asse.

Grazie alla loro forza, i partigiani croati durante la guerra avevano sotto controllo gran parte della patria, costituendo autorità su territori liberati. Nel giugno 1943, durante l'assemblea dei rappresentanti dei partigiani croati a Otočac e ai laghi di Plitvice, fu istituito il Consiglio antifascista territoriale di liberazione popolare della Croazia (ZAVNOH), guidato dal famoso poeta Vladimir Nazor. Questo fu il più alto organo politico del movimento antifascista in Croazia. Nell'autunno del 1943, un organismo simile fu istituito nella vicina Bosnia ed Erzegovina (ZAVNOBiH). I rappresentanti di questi due organismi parteciparono alla restaurazione dello Stato jugoslavo come federazione democratica alla 2ª sessione del Consiglio antifascista di liberazione popolare della Jugoslavia (AVNOJ) il 29 novembre 1943, a Jajce. Le decisioni prese durante tale sessione sono considerate basi per la creazione della Jugoslavia federale del dopoguerra. Sulla base delle decisioni della seconda sessione dell'AVNOJ, alla terza sessione a Topusko nel maggio 1944 i deputati del ZAVNOH costituirono lo Stato federale di Croazia come uno dei sei stati federali jugoslavi e ristabilirono il Parlamento croato.

Croazia 1943
Terza sessione di ZAVNOH a Topusko nel 1944
«Tutti nella lotta per la libertà della Croazia!», manifesto partigiano.

Alla fine del 1944, dopo la liberazione di Belgrado e la sconfitta dei cetnici in Serbia e l'amnistia per i transfughi delle unità di Quisling (fino al 15 gennaio 1945), il movimento partigiano si espande ulteriormente, ma sotto la guida di Tito diventa ideologicamente sempre più esclusivo, e la sua componente croata diventa emarginata. In tale contesto, la guerra nel territorio croato si concluse nel maggio 1945 con il crollo militare dell'NDH, l'instaurazione di un regime comunista centralizzato a Belgrado e una brutale resa dei conti con le forze sconfitte, con i civili sospettati di cooperazione con il regime ustascia e con tutti i dissidenti, nonché con i membri delle minoranze tedesca e austriaca.

Nella Federazione Jugoslava (1945–90)

Nella Repubblica Popolare Federale di Jugoslavia (dal 1963. Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia – SFRJ) la Croazia ottenne i suoi attuali confini, ma la sua leadership in tempo di guerra fu parzialmente emarginata (Andrija Hebrang). Le purghe all'interno del regime comunista furono particolarmente pronunciate dopo la rottura delle relazioni tra Tito e Stalin nel 1948.

Nonostante la dichiarata struttura federalista, principi proclamati sulla sovranità repubblicana e i diritti nazionali, le autorità comuniste negarono sistematicamente l'individualità dello Stato croato, che negli anni '60 portò alla insurrezione della Primavera croata, un movimento culturale e politico guidato da una parte della Lega dei Comunisti di Croazia e da una parte di attori culturali e scientifici dell'Università di Zagabria e Matica Hrvatska. Questo movimento di riforma mirava al riconoscimento e alla protezione della lingua letteraria croata, al rafforzamento della posizione delle repubbliche rispetto alla federazione, alla democratizzazione autonoma della società e all'introduzione di alcune forme di economia di mercato.

Isola Calva (Goli otok), il nome del campo jugoslavo e prigione per dissidenti politici (1949–1988) sul territorio delle isole di Calva e San Gregorio. è simbolo della repressione eseguita del regime comunista verso i dissidenti politici.
Josip Broz Tito, Gamal Abdel Nasser e Javaharlal Nehru, fondatori del Movimento dei Paesi non allineati nel 1956 sull'isola di Brioni. Le isole di Brioni erano la residenza preferita di Tito, dove riceveva numerosi ospiti. Oltre alla politica dei non allineati, la Jugoslavia si differenziava dagli altri paesi dell'Europa orientale per la sua politica delle frontiere aperte, che favoriva lo sviluppo del turismo in Croazia e generalmente consentiva ai suoi cittadini la libertà di movimento e di viaggio.
Primavera croata, raduno del 1971 a Zagabria. I leader politici più importanti del movimento furono Savka Dabčević-Kučar (1923–2009) e Miko Tripalo (1926–95). Più di 2.000 persone sono state condannate per aver partecipato alla primavera croata dopo il 1971 e decine di migliaia sono state licenziate o retrocesse. Il lavoro di Matica hrvatska è stato vietato e numerosi giornali e riviste sono stati spenti. Inizia il periodo di «silenzio croato», che durò fino al 1989.

Anche se il presidente jugoslavo Josip Broz Tito represse il movimento nel 1971 e perseguitò politicamente e giudiziariamente i suoi partecipanti, la costituzione del 1974 riconobbe le repubbliche jugoslave come detentrici della sovranità delle singole nazioni e gli vennero concessi maggiori diritti. Tale politica di Tito mirava a esprimere la necessità di mantenere un equilibrio tra le forze federaliste (Croazia, Slovenia) e quelle centraliste a Belgrado.

Dopo la morte di Tito, le leadership repubblicane, specialmente in Serbia e Montenegro, esprimevano insoddisfazione per questi cambiamenti e promuovevano apertamente idee sulla riorganizzazione della Jugoslavia, invocando prima l'unità e la centralizzazione jugoslava, e poi, dalla fine degli anni 80, l'unione nella Grande Serbia. Ciò provocò resistenza in Croazia e Slovenia, che richiesero una riorganizzazione dello Stato su base confederale. Il conflitto tra questi due concetti portò nella prima metà degli anni '90 all'aggressione da parte di Serbia, Montenegro e dell'esercito federale (JNA) contro la Slovenia (1991), la Croazia (1991–95) e la Bosnia-Erzegovina (1992–95).

Alpe-Adria. Già come parte della Repubblica jugoslava, nel 1978 la Croazia fonda la Comunità di lavoro Alpe-Adria con la Slovenia, le regioni italiane Friuli-Venezia Giulia e Veneto e gli stati federali austriaci Carinzia, Stiria e Austria Superiore. Negli anni '80, l'organizzazione ha gradualmente ampliato il numero dei suoi membri e, basandosi sul patrimonio storico comune e mantenendo buone relazioni di confine, ha realizzato progetti nei settori di economia, urbanismo, promozione della posizione delle minoranze e protezione dell'ambiente.